(Adnkronos) – Nonostante gli imprenditori siano consapevoli della crisi ambientale in atto, solo l’11% delle Pmi europee ha un piano strutturato per la decarbonizzazione. 

Questo è il dato che emerge dallo studio “Mid-market Climate Transition Barometer” di The Argos – Bcg, che ha coinvolto 700 leader delle Pmi nel luglio 2023 in 6 Paesi europei (Italia, Francia, Germania, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo). 

Con la loro sinergia Argos Wityu e Bcg (Boston Consulting Group) hanno inaugurato la prima edizione di un barometro che valuta i progressi delle piccole e medie imprese europee nel loro processo di decarbonizzazione. 

Il dato che emerge dallo studio è piuttosto preoccupante e assume una particolare rilevanza di fronte alle stime della Commissione europea, secondo cui le piccole e medie imprese producono fino a 2/3 dei gas serra emessi a livello comunitario. Dati alla mano, l’Ue conta 25 milioni di Pmi che costituiscono il 99% di tutte le imprese, e generano circa il 56% del Pil europeo. 

È evidente che occorra un netto cambio di marcia dal punto di vista della produzione ma anche giuridico. In questo senso interviene la Direttiva Csrd sulla rendicontazione della sostenibilità aziendale che impone alle imprese con più di 250 dipendenti e 40 milioni di euro di fatturato di rendere noto il loro impatto sul clima, comprese le emissioni di Scope 3. La direttiva stabilisce un periodo di rendicontazione annuale a partire dal 1° gennaio 2026. 

Si tratta tuttavia di una norma che, visti i requisiti di dipendenti e fatturato, non riguarda le Pmi se non quelle quotate. Inoltre, la Germania sta spingendo per esentare oltre 7.000 aziende dall’obbligo di rendicontazione non finanziaria, proponendo di rivedere i criteri europei che definiscono le Pmi. 

In questa fase cruciale per il dibattito politico attorno alle normative green, è di cruciale importanza conoscere il punto di vista degli imprenditori sul tema. 

La scarsa organizzazione per ridurre le emissioni non è frutto di una scarsa consapevolezza: l’84% delle Pmi intervistate nell’ambito dello studio “Mid-market Climate Transition Baromete” considera la riduzione delle emissioni di gas serra “importante” o “critica”. 

Si potrebbe quindi pensare che l’ostacolo alla transizione green sia di natura economica, ma la ricerca smentisce anche questa ipotesi. Infatti, tra le aziende che considerano importante la riduzione delle emissioni, il 71% la percepisce come un’opportunità, soprattutto per due ragioni: 

– Migliore redditività: la transizione energetica rende le aziende meno dipendenti dalle oscillazioni dei mercati e meno vulnerabili di fronte alle catastrofi naturali; 

– Accesso a nuovi mercati: trattandosi di un orizzonte per niente saturo, gli investimenti sostenibili possono generare un vantaggio competitivo immediato o a lungo termine 

Una conferma arriva da Simon Guichard, Partner di Argos Wityu secondo cui: “Non c’è dubbio che la decarbonizzazione delle medie imprese possa generare forti opportunità in tutti i settori. Molti investitori, dai family office alle grandi istituzioni, sono disposti a sostenere queste imprese nella loro transizione Grey to Green e ad aiutarle a diventare leader sostenibili”.  

Il 38% delle Pmi intervistate dichiara di aver già investito molto nella decarbonizzazione, ma in realtà solo l’11% ha un approccio strutturato che richiede questi 3 requisiti: 

– misurazione delle proprie emissioni di gas serra; 

– progettazione di una roadmap per ridurre le emissioni;  

– realizzazione di investimenti rilevanti 

Dalla ricerca emerge un po’ di confusione sul tema, visto che il 27% degli intervistati ha dichiarato di avere un piano strutturato, ma in realtà non ha ancora misurato la propria carbon footprint né organizzato una tabella di marcia per ridurre le emissioni di Co2. D’altra parte, ci sono un 35% che ha misurato la carbon footprint e costruito una tabella di marcia senza però aver ancora investito e un altro 27% che né ha dichiarato di aver investito né ha previsto azioni per la misurazione delle emissioni e per la pianificazione verso la decarbonizzazione. 

“A differenza delle grandi aziende, le PMI raramente hanno dimensioni sufficienti per assumere i talenti necessari o per sviluppare competenze interne e fissare obiettivi ambiziosi di decarbonizzazione. Ora dobbiamo aiutarle a trasformare il loro ottimismo in investimenti strutturati”. Spiega Fabio Cancarè, Partner and Associate Director, Climate Impact di Bcg. 

Di fatti, i diversi investimenti che emergono dallo studio dipendono dalla proprietà e dal settore di appartenenza. 

Il 62% delle società quotate in borsa dichiara di aver effettuato “forti investimenti”, rispetto al 35% delle imprese non quotate. A livello settoriale ci sono differenze molto marcate, con il 51% delle imprese del settore dei trasporti e della logistica che dichiara di aver investito in modo considerevole, a fronte di un mero 24% delle imprese delle industrie ad alta temperatura (ad esempio, metalli, vetro, ceramica) che pure utilizzano molta energia. 

Nonostante in ogni Paese europeo oltre 1/3 delle Pmi abbia dichiarato di aver fatto ingenti investimenti green, la percezione sulla transizione ecologica cambia molto tra gli Stati. 

In Germania e Francia, per esempio, oltre 1/5 delle Pmi considera la transizione climatica un adempimento normativo, mentre solo il 73% delle piccole e medie imprese tedesche e il 63% di quelle francesi considera la transizione un’opportunità di sviluppo. 

Al contrario, in Italia meno di 1/10 delle imprese intervistate considera questi investimenti un mero adempimento normativo, mentre l’86% delle Pmi italiane considera decarbonizzazione e sostenibilità un’opportunità di sviluppo economico.[Grafico, fonte: ESG360.it su dati “Mid-market Climate Transition Barometer” di The Argos – Bcg]

 

 

 

Nonostante gli investimenti ancora insufficienti, le piccole e medie imprese europee sono ottimiste sul raggiungimento degli obiettivi fissati per il 2030, ritenuti raggiungibili dal 70% delle imprese intervistate.
Tuttavia, le imprese hanno bisogno di un vero e proprio sostegno per superare i tre principali ostacoli che si trovano ad affrontare, quali la mancanza di risorse finanziarie, la complessità normativa e la carenza di competenze. 

“A differenza delle grandi aziende, le imprese del mid-market raramente hanno dimensioni sufficienti per assumere i talenti interni necessari o per sviluppare competenze interne e realizzare ambiziose tabelle di marcia per la decarbonizzazione. Ora dobbiamo aiutarle a trasformare il loro ottimismo in investimenti strutturati” ha dichiarato Benjamin Entraygues, Managing Director e Senior Partner di Bcg. 

Gli fa eco Louis Godron, Managing Partner di Argos Wityu: “Per completare con successo la transizione ambientale, le medie imprese avranno bisogno di un forte sostegno, di esperti specializzati e di finanziamenti. Siamo convinti che le prime ad avviare profondi cambiamenti verso la decarbonizzazione beneficeranno di un vantaggio competitivo duraturo”. 

Per continuare il percorso green occorre individuare i driver che guidano le aziende verso la riduzione delle emissioni e la sostenibilità, come riassunti nella tabella di ESG360.it Dallo studio “Mid-market Climate Transition Barometer” emerge che il 70% delle Pmi ha preso iniziative sostenibili spinto dall’introduzione di nuove normative europee e nazionali; il 60% spinto dai timori legati alla crisi energetica e il 51% per rispondere alle richieste del mercato, sempre più attento alle tematiche Esg. 

 

“Le aziende del mid-market sono nelle fasi iniziali del loro percorso di sostenibilità e i loro investimenti sono ancora prevalentemente guidati dalle normative, dai prezzi dell’energia e dalla domanda dei clienti. Il percorso verso un approccio strutturato e completo è ancora lungo. È assolutamente fondamentale sostenere le Pmi con misure e strumenti dedicati se vogliamo raggiungere i nostri obiettivi climatici”, ha chiosato Pietro Romanin, Managing Director e Partner di Bcg.