(Adnkronos) – “Il 2023 è stato l’anno record per le nomine degli energy manager in Italia. Ha superato il 2020, precedente anno record, e soprattutto ha invertito una tendenza che si era manifestata dopo la crisi pandemica, la crisi dei prezzi, ma che fondamentalmente era collegata alla riduzione dei consumi di energia in alcuni settori. Infatti, soprattutto l’industria e i trasporti avevano visto una contrazione e in parte anche il settore civile terziario, mentre altri settori erano rimasti più costanti”. Così Dario Di Santo, direttore di Fire, nel suo intervento al webinar per la Presentazione del rapporto Energy Manager in Italia 2024.
Guardando ai numeri, “abbiamo avuto 1728 nomine da soggetti obbligati, con +17% dal 2014 e un +2% dal 2020; quasi 2.500 le nomine totali, +19% rispetto al 2014 e +1% rispetto al 2020. Con un totale di 1822 energy manager nominati, che sono meno delle nomine per il semplice motivo che soprattutto nelle realtà di piccola-media taglia, e in particolare nei soggetti non obbligati, è piuttosto comune che un energy manager sia un consulente esterno (il 33% dei nominati sono consulenti esterni) e che presti la sua opera a più soggetti, da cui un numero di energy manager-persone minore del numero di nomine”.
Ma chi è l’energy manager? “È la persona, che può lavorare singolarmente o nelle grandi realtà essere a capo di un gruppo di soggetti, che ha il compito di usare al meglio l’energia. Questo significa approvvigionamenti, stipula di contratti come Ppa o partecipazione eventualmente a comunità dell’energia, possibilità di produrre in loco l’energia, di usarla meglio o di introdurre metodologie per la flessibilità dei carichi, quindi per pagare meno l’energia, e poi tutta una serie di possibilità che investono il processo produttivo e la logistica. La nomina è un’obbligo in Italia per tutti i soggetti che superano certe soglie di consumo che sono pari alle 10mila tonnellate equivalenti di petrolio nell’industria e alle 1.000 tonnellate equivalenti di petrolio negli altri settori”.
La nomina va fatta ogni anno. “Ricordiamo che molti energy manager vengono da lauree tecniche – dice – Tipo l’ingegneria meccanica, energetica e così via. L’altro tema importante da questo punto di vista è quello dell’inquadramento: un 30% circa sono dirigenti, un po’ più di un terzo sono quadri e la restante parte sono ‘altro’. Questo è uno degli ambiti in cui ci sarebbe da migliorare, perché soprattutto nelle realtà medio-grandi è importante che l’energy manager sia inquadrato correttamente all’interno dell’organizzazione, in modo da avere la capacità e la forza di incidere sulle trasformazioni aziendali, di parlare con i vertici aziendali con una certa continuità e quindi di poter svolgere un’azione più efficace”.
“Mi piace anche ricordare che l’energia gestita dai soggetti che nominano corrisponde a 84 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio, di cui l’86% per l’industria; se andate a raffrontare con gli oltre 110 Megatep dei consumi finali, anche se non sono quantità esattamente confrontabili, capite comunque che sono quantità rilevanti. Cioè una buona parte dell’energia che transita nelle nostre organizzazioni passa attraverso un energy manager”, sottolinea.