(Adnkronos) – Separazione delle carriere, riforma del Csm con l’introduzione del sorteggio, Alta Corte disciplinare. Incassato il via libera definitivo alla riforma costituzionale della giustizia, parte la battaglia per il referendum. 

“Non venga politicizzato”, chiede il ministro della Giustizia Carlo Nordio, all’uscita dall’aula del Senato – dopo abbracci, pacche sulle spalle e selfie con i senatori di maggioranza – convinto che la consultazione potrà tenersi “tra marzo e aprile”. E mentre l’Associazione nazionale magistrati (Anm) e l’Unione delle Camere penali italiane (Ucpi) scaldano i motori con i loro Comitati – il primo per il ‘no’, il secondo per il ‘sì’ – il Guardasigilli sottolinea: “E’ bene che la magistratura esponga tutte le sue ragioni tecniche e razionali che possono militare contro questa riforma, ma non si aggreghi – come effettivamente ha già detto, e lo ringrazio, il presidente Parodi – a forze politiche per farne una specie di referendum pro o contro il governo. Questo – rileva il ministro – sarebbe catastrofico per la politica, ma soprattutto per la magistratura”.  

“Non è un attentato alla Costituzione” e “non è una legge punitiva nei confronti della magistratura, ribadisce ancora una volta Nordio, che tende la mano: “Vi sono sicuramente delle ragioni per essere perplessi su alcune scelte della legge costituzionale”, sottolinea precisando però: “La mancanza di confronto c’è stata subito e non per colpa nostra perché l’Associazione nazionale magistrati ha risposto con uno sciopero prima ancora di avere un’interlocuzione. L’opposizione – ricorda Nordio – si è opposta nettamente ai due principi fondamentali della riforma quindi è ovvio che il dialogo manca; ma nell’ambito delle leggi attuative che faremo, qualcosa forse si può recuperare e spero che questo avvenga”. Ospite di ‘SkyTg24’ il ministro si dice poi “apertissimo al confronto” televisivo con l’Anm, ”ovviamente one to one per evitare che finisca in confusione” ma ”anche con chiunque voglia interloquire”. 

L’Associazione nazionale dei magistrati coglie l’occasione del via libera finale per ribadire la bocciatura: “Questa riforma altera l’assetto dei poteri disegnato dai costituenti e mette in pericolo la piena realizzazione del principio di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge. Una riforma che non rende la giustizia più rapida o più efficiente ma la rende più esposta all’influenza dei poteri esterni”. “Una riforma che non aumenta il numero dei magistrati che resta tra i più bassi in Europa, né colma le lacune dell’organico amministrativo – conclude – Una riforma che non investe risorse per far funzionare meglio il sistema giustizia ma rischia al contrario di triplicare i costi con lo sdoppiamento del Csm e l’istituzione dell’Alta Corte disciplinare”.  

Si affinano le armi in vista della battaglia referendaria, destinata a partire subito visto che i capigruppo di maggioranza del Senato hanno avviato le procedure per la raccolta delle firme. Già oggi, nella sede dell’associazione delle toghe, sarà presentato il Comitato ‘A difesa della Costituzione e per il no al referendum’. E proprio il Comitato ‘Giusto dire No’ parteciperà alla campagna referendaria per “spiegare ai cittadini le ragioni per cui questa riforma non comporterà alcun miglioramento della giustizia e ribadire che l’indipendenza e autonomia della magistratura sono valori fondanti della nostra Repubblica, posti a tutela di tutte le persone”, sottolinea.  

Soddisfatta invece l’Unione delle Camere Penali (Ucpi), presieduta da Francesco Petrelli, che fin dall’inizio “ha sostenuto con determinazione la necessità di questo intervento legislativo, volto a garantire una giustizia realmente imparziale e a restituire piena indipendenza e autorevolezza alla magistratura”.  

“Ora si apre l’ultima e più importante fase: il referendum confermativo popolare, nel quale il popolo italiano sarà chiamato a esprimersi su questa riforma. Sarà il momento della verità e della partecipazione civile – conclude Petrelli – Le Camere penali si mobiliteranno in tutto il Paese per sostenere con forza le ragioni del ‘Sì’, per una giustizia più giusta, per un processo più equo e per una magistratura finalmente libera dal correntismo, autonoma di fronte alla politica e autorevole davanti al cittadino”. (di Sara Di Sciullo)