(Adnkronos) – Sono almeno 73 i morti nella Striscia di Gaza a causa di operazioni militari israeliane effettuate dalle prime ore di oggi nell’enclave palestinese. Lo riporta la tv satellitare al-Jazeera che cita fonti mediche. Secondo le notizie dell’emittente, tra i siti colpiti ci sarebbero abitazioni e rifugi che ospitavano sfollati.
Gli attacchi, parte dell’operazione ‘Carri di Gedeone’ annunciata da Israele nei giorni scorsi, continuano a colpire il territorio palestinese con un ritmo che, secondo fonti locali, ha già causato oltre 100 vittime al giorno. L’agenzia di stampa Wafa afferma che almeno 12 persone sono state uccise nella città di Deir al-Balah, nel centro della Striscia e molte altre sono state segnalate a Khan Younis e nelle aree intorno a Gaza City. Un bilancio precedente parlava di 44 morti, “per la maggior parte donne e bambini”.
Ieri un funzionario della protezione civile di Gaza ha dichiarato che 91 persone sono state uccise martedì in attacchi e raid, mentre Israele intensifica l’offensiva nel territorio palestinese.
Intanto le Nazioni Unite sono state autorizzate da Israele a far entrare ”circa cento” camion con aiuti umanitari per la popolazione civile della Striscia di Gaza. Lo rende noto il portavoce dell’Ocha, l’Agenzia dell’Onu per il coordinamento degli Affari umanitari, Jens Laerke nel corso di una conferenza stampa a Ginevra.
“Abbiamo richiesto e ottenuto l’approvazione per l’ingresso di altri camion oggi, molti di più di quelli approvati ieri”, ha dichiarato ai giornalisti Laerke, aggiungendo che “ci aspettiamo, naturalmente, con questa approvazione che molti di questi camion, si spera tutti, attraversino oggi” il confine con l’enclave palestinese ”fino a un punto in cui i beni possano essere raccolti e inoltrarsi ulteriormente nella Striscia di Gaza per la distribuzione”.
Israele andrà ”avanti fino alla vittoria totale” su Hamas e ”non si fermerà fino a quando gli ostaggi non verranno rilasciati, Hamas deporrà le armi, i suoi leader assassini verranno esiliati e Gaza sarà smilitarizzata. Nessuna nazione può pretendere di accettare qualcosa di meno e Israele certamente non lo farà”. Così il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha risposto alla richiesta di Gran Bretagna, Francia e Canada di mettere fine alla nuova offensiva militare nella Striscia di Gaza, invitando ”tutti i leader europei a seguire l’esempio di Trump” nel sostenere Israele. E accusando i tre Paesi di “ricompensare Hamas”.
“Non resteremo a guardare mentre il governo Netanyahu persegue queste azioni atroci”, hanno dichiarato il presidente francese Emmanuel Macron, il premier britannico Keir Starmer e quello canadese Mark Carney. “Se Israele non cessa la nuova offensiva militare e non revoca le restrizioni sugli aiuti umanitari, adotteremo ulteriori misure concrete in risposta”, hanno detto i tre leader.
“Chiedendo a Israele di porre fine a una guerra difensiva per la nostra sopravvivenza prima che i terroristi di Hamas ai nostri confini vengano distrutti, e chiedendo uno Stato palestinese, i leader di Londra, Ottawa e Parigi stanno offrendo un’enorme ricompensa per l’attacco genocida contro Israele del 7 ottobre, incoraggiando al contempo ulteriori atrocità di questo tipo”, ha risposto il primo ministro israeliano in una nota. Netanyahu ha aggiunto che “questa è una guerra di civiltà contro la barbarie. Israele continuerà a difendersi con mezzi giusti finché non sarà raggiunta la vittoria totale”.
“La sofferenza umana a Gaza è intollerabile”, hanno affermato i tre leader, definendo “del tutto inadeguata” l’apertura israeliana all’ingresso di una quantità minima di aiuti. Condannano inoltre le minacce di sfollamento forzato e la retorica di alcuni membri del governo Netanyahu, ammonendo che il blocco degli aiuti rischia di violare il diritto umanitario internazionale. Pur ribadendo il diritto di Israele a difendersi dopo l’attacco del 7 ottobre, giudicano la risposta militare “del tutto sproporzionata”. Al contempo, hanno chiesto ad Hamas la liberazione immediata degli ostaggi.
Il Consiglio dell’Unione europea nomina Christophe Bigot come nuovo rappresentante speciale dell’Ue per il processo di pace in Medio Oriente. Lo si apprende da un comunicato ufficiale. Il suo mandato, che inizierà il 2 giugno e durerà 12 mesi, punta a promuovere una pace “giusta, duratura e globale” basata sulla soluzione a due Stati: “Israele e uno Stato palestinese democratico, contiguo, pacifico e sovrano, che vivano fianco a fianco entro confini sicuri e riconosciuti, intrattenendo normali relazioni con i Paesi vicini”.
Bigot avrà il compito di mantenere contatti stretti con tutte le parti del processo di pace, in particolare Israele e l’Autorità nazionale palestinese, con attori politici e Paesi della regione, oltre che con l’Onu, la Lega araba, il Consiglio di cooperazione del Golfo e altre organizzazioni internazionali. Dovrà inoltre seguire da vicino le dinamiche regionali legate al conflitto a Gaza e alle conseguenze degli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023, più l’impegno dei partner arabi e l’attuazione dell’Iniziativa di pace araba, spiega il comunicato, evidenziando che l’inviato “si confronterà anche con rappresentanti della società civile, incluse donne e giovani, nonché con chi è coinvolto in iniziative per costruire la fiducia tra le parti”.
Il nuovo rappresentante speciale è un diplomatico francese di alto livello, esperto di Medio Oriente e Nord Africa. È stato direttore per l’Africa e l’Oceano Indiano presso il ministero degli Esteri francese e direttore della strategia per la Dgse, i servizi segreti esterni francesi. Tra il 2009 e il 2013 è stato ambasciatore di Francia in Israele, e dal 2016 al 2019 in Senegal e Gambia; ha inoltre lavorato per le Nazioni Unite, l’Unesco e altre organizzazioni internazionali.