(Adnkronos) – L’assistenza al diabete in Italia continua a migliorare così come la qualità di vita di chi convive con la malattia: rimane stabile la quota di pazienti che raggiunge i corretti valori di emoglobina glicata, cresce quella di chi ha il colesterolo in regola e, nel diabete tipo 2, continua a diminuire la percentuale di pazienti obesi, risultato a cui contribuisce l’impiego crescente di farmaci sempre più appropriati. Non mancano, tuttavia, aree di stallo in cui le diabetologie faticano a migliorare le loro performance: il monitoraggio del piede diabetico e della retinopatia diabetica, l’utilizzo ancora limitato dei microinfusori per il trattamento del diabete tipo 1 o la pressione alta nei pazienti con diabete tipo 2. 

Sono alcuni dati emersi dagli Annali Amd 2024, fotografia aggiornata di come viene curato e gestito il diabete nelle strutture specialistiche del Paese, scattata dell’Associazione medici diabetologi. Gli Annali Amd, rilevazione con 20 anni di storia arrivata a censire una popolazione di oltre 750.000 italiani con diabete, uno dei più importanti database clinici a livello internazionale, sono stati presentati oggi al Senato, in un convegno promosso dalla senatrice Daniela Sbrollini, con il patrocinio e il supporto istituzionale degli Intergruppi parlamentari Obesità, diabete e malattie croniche non trasmissibili e prevenzione e cura delle malattie degli occhi. 

“Con oltre 300 centri di diabetologia che aderiscono all’indagine, compilando una cartella clinica informatizzata, il nostro file dati è ormai di fatto un registro clinico del diabete in Italia”, evidenzia Giuseppina Russo, coordinatrice nazionale annali Amd. “Oggi raccogliamo i dati dell’assistenza prestata a 48.041 persone con diabete tipo 1, a 680.122 con diabete tipo 2 (oltre 100.000 in più rispetto all’anno scorso) e a 13.785 donne con diabete in gravidanza. L’ampiezza e la rappresentatività sul territorio nazionale del progetto hanno destato l’interesse della Who che ha recentemente dedicato agli Annali un case study”.  

La popolazione con diabete di tipo 1 sta invecchiando: i pazienti hanno in media quasi 49 anni, aumentano gli over65 (18,3%) con anche una quota di ottuagenari. Oltre all’età, cresce l’obesità, passata dal 13,9% della scorsa rilevazione al 14,3% di quella attuale. “Invecchiamento ed eccesso ponderale ci pongono di fronte a una sfida importante nella gestione di questi pazienti nei quali crescerà inevitabilmente il rischio di complicanze micro e macro-vascolari”, sottolinea Russo. Oggi, circa il 40% del campione raggiunge l’obiettivo di cura per la pressione arteriosa, il 36,2% quello della glicata e oltre il 46% tiene sotto controllo il colesterolo (rispetto al 42,7% dell’anno precedente).Tra le complicanze croniche prevalenti nel diabete tipo 1, la prima resta la retinopatia diabetica riscontrata nel 21,8% del campione.  

Anche le persone con diabete di tipo 2 visitate lo scorso anno nei centri aderenti al ‘circuito Annali’ sono sempre più anziane, con una quota di over75enni passata dal 34,8% a quasi il 36%. Si riduce di un ulteriore punto percentuale l’obesità, scesa dal 36 al 35%, confermando un trend di miglioramento nella gestione del peso di questi pazienti. Stabile al 56% il gruppo di chi mantiene l’emoglobina glicata sotto controllo, oltre il 44% chi ha il colesterolo in regola (rispetto al 40,2% della rilevazione precedente) ma solo il 26,5% raggiunge adeguati valori pressori. La graduale riduzione dell’obesità potrebbe spiegarsi con il sempre maggior utilizzo dei nuovi farmaci per il diabete. La malattia renale e quella cardiovascolare si confermano le complicanze croniche prevalenti nel DM2, riscontrate rispettivamente nel 50% e nel 15% dei pazienti, seguite dalla retinopatia diabetica (12%). 

Per quanto riguarda il diabete gestazionale il 52,2% delle donne ha eseguito la curva glicemica in accordo con le vigenti linee guida, fra la 24esima e la 28esima settimana di gravidanza. Scende, anche se di poco, il numero di coloro che hanno ricevuto una diagnosi tardiva, dal 14,4% della precedente rilevazione al 13,6% di quella attuale. I fattori di rischio del diabete gestazionale risultati più rappresentati (tra quelli registrati) sono l’età superiore ai 35 anni (41,1%), seguita dall’obesità pregravidica e dalla familiarità per diabete pari al 13%. Dopo la diagnosi, il 61,8% delle pazienti ha adottato modifiche dello stile di vita e nella dieta, il 38,2% ha iniziato la terapia insulinica, in media dalla 28^ settimana di gestazione. 

“Quelli presentati oggi sono i dati reali generati nella pratica clinica, aggiornati al 2024 e rappresentativi della qualità delle cure erogate nel nostro Paese alle persone con diabete”, dichiara Riccardo Candido, presidente Amd. “Si tratta di un contributo ‘evidence based’ di estrema utilità per pianificare le politiche sanitarie in risposta a questa patologia, una fra quelle croniche più diffuse e invalidanti a livello globale. Un esempio concreto di come ‘sfruttare’ al meglio questi dati ci arriva dai casi del piede diabetico e della retinopatia”.  

Gli Annali, aggiunge Candido, “ci dicono che su queste complicanze non riusciamo a raccogliere i dati in modo puntuale. Sarebbe, quindi, utile fornire dei retinografi a tutti i centri di diabetologia per rendere più semplice e accessibile il controllo del fondo oculare nei soggetti con diabete, e realizzare un tavolo di lavoro nazionale per la gestione del piede diabetico. Si tratta di azioni concrete, da sviluppare con il contributo dei decisori politici, che possono migliorare l’assistenza ai nostri pazienti”. 

“Dagli Annali Amd si è sviluppata un’importante attività di ricerca clinica osservazionale, che ha generato oltre 60 articoli pubblicati su riviste internazionali e 38 monografie tematiche e Report annali”, aggiunge Graziano Di Cianni, presidente di Fondazione Amd. “Abbiamo approfondito tanti aspetti chiave nella gestione del diabete, incluse le tematiche di genere, la cura del paziente anziano, l’assistenza alla popolazione migrante (che ormai rappresenta il 14% dei nostri assistiti) e l’appropriatezza nell’utilizzo dei farmaci. Presto potremo analizzare anche i tipi di diabete meno frequenti per identificare e comprendere meglio le caratteristiche di questi pazienti. La nostra banca dati, quindi, continuerà a crescere, aiutandoci a contrastare l’inerzia terapeutica e a curare sempre meglio tutte le persone con diabete. Riteniamo di avere a disposizione gli strumenti più idonei per misurarci con le nuove sfide che dovremo affrontare nei prossimi anni”.