(Adnkronos) – I giudici della prima sezione della Corte di Cassazione si sono ritirati oggi, martedì 11 marzo, in Camera di Consiglio dopo l’udienza del processo per l’omicidio di Serena Mollicone, la 18enne di Arce uccisa nel 2001. La Corte si è ritirata alle 16.20 e dovrà decidere se confermare l’assoluzione di Franco Mottola, ex comandante della stazione di Arce, del figlio Marco e della moglie Annamaria, e quindi rigettare i ricorsi presentati dalla procura generale, oppure se annullare le assoluzioni e quindi aprire a un processo di Appello bis.
Il procuratore generale della Corte di Cassazione ha chiesto oggi, martedì 11 marzo, di annullare con rinvio la sentenza impugnata di secondo grado, e quindi un processo di appello bis, per Franco Mottola, ex comandante della stazione di Arce, il figlio Marco e la moglie Annamaria, imputati per l’omicidio di Serena Mollicone, la giovane di Arce uccisa nel 2001.
“Sostengo il ricorso della parte civile perché considero che la sentenza di appello sia affetta da plurime violazioni di legge e di norme processuali”, spiega. Il pg rileva “l’assenza o apparenza della motivazione” della sentenza di secondo grado che è, quindi, “carente” e sottolinea che il “Giudice di Appello ha abdicato alla Cassazione” con “un atteggiamento pilatesco”. “La sentenza”, tra l’altro, spiega il pg, “omette di motivare sulla effettiva presenza di Serena Mollicone in caserma e non risponde a tutti gli elementi che confortano le affermazioni di Tuzi che hanno dato avvio alle indagini”.
Per chiedere giustizia per Serena è stato fatto un presidio davanti alla Cassazione con due striscioni. In uno si legge “24 anni di verità e giustizia negata, ora Serena non merita di essere archiviata”, mentre nell’altro del Telefono Rosa di Frosinone c’è scritto: “Giustizia per Serena, mai più storie di ordinaria violenza”.
“Confido nel rigetto del ricorso e nel fatto che venga dichiarato inammissibile” ha detto l’avvocato Francesco Germani, difensore dei Mottola in aula davanti alla prima sezione della Corte di Cassazione. In aula sono intervenuti anche gli altri avvocati del pool della difesa Piergiorgio Di Giuseppe e Mauro Marsella. “Non vi è nessun elemento di prova certo che possa portare alla condanna dei Mottola e anche in caso di rinvio le problematiche sarebbero le stesse – ha sottolineato l’avvocato Germani – se le prove non ci sono state prima, non ci sarebbero neanche adesso e un nuovo processo non porterebbe alcuna novità”. L’avvocato Di Giuseppe ha parlato di “corto circuito giuridico” e di un “costrutto accusatorio che fa acqua da tutte le parti”. Nel ricorso ci sono “errori macroscopici” e quello della motivazione assente o apparente è un “escamotage inaccettabile”, ha aggiunto.
In conclusione l’avvocato Marsella ha poi sottolineato di “essere rimasto spiazzato dal ricorso, quando ho sentito ancora una volta e fin troppo approfonditamente parlare di motivi di merito che sono stati analizzati, sviscerati e interpretati in maniera assolutamente pertinente da un punto di vista sia qualitativo sia quantitativo in primo e secondo grado”.
Il 1 giugno del 2001 Serena Mollicone esce di casa presto per andare a fare un esame all’ospedale di Sora, dopo aver preparato la colazione al padre, con cui vive sola dalla morte della mamma. Da quel momento, però, non farà più ritorno a casa. Il suo corpo verrà ritrovato due giorni dopo con mani e piedi legati, nastro adesivo sulla bocca e un sacchetto del supermercato in testa, vicino a un mucchio di rifiuti nel bosco di Fonte Cupa in località Anitrella. Da quel giorno sono passati quasi 24 anni, ma il caso al momento resta ancora un giallo.
“Oggi è il giorno della speranza. Ci auguriamo, nonostante tutto, che ci sia ancora spazio per tornare a sperare nella verità” ha detto Consuelo Mollicone, sorella di Serena. Una “fiducia nella speranza” di cui ha parlato anche lo zio Antonio Mollicone arrivando in Aula.